L’ Afghanistan raccontato nelle opere dell’artista Shamsia Hassani

di Dr.ssa med. Emanuela Dyrmishi

Shamsia Hassani

Il primo aprile 2023 al Castello di Masnago di Varese, splendida cornice per gli amanti della storia e dell’Arte, è stato realizzato un evento unico nel suo genere: l’inaugurazione della Mostra dell’Arti- sta Afgana Shamsia Hassani, su iniziativa della conferenza Donne Democratiche della Provincia di Varese.

I 23 scatti dei suoi murales hanno visto un’affluenza elevatissima, e tante persone sono rimaste in piedi, per assistere alla conferenza dove sono stati portati aspetti della vita storico culturale Afgana sconosciuti all’opinione publica e che i media tradizionali non affrontano.
La conferenza ha portato il pubblico in un’immersione, tramite immagini storiche recuperate dalla mediatrice dall’evento, Dr,ssa med Emanuela Dyrmishi, nella storia e nella geopolitica Afghana dall’antichità al recente passato. Prima come colonia britannica, poi sotto la guida dell’emiro Khan, poi il periodo ad ispirazione Marxista-Leninista, la guerra Sovieto-Afghana, le ricerche ingegneri- stiche sovietiche in territorio Afghano seguite da quelle USA, la prima ascesa talebana al potere, il Trattato di Doha per arrivare all’agosto 2021 e infine lo stato attuale del paese.

L’Afghanistan può essere definito il territorio dove “ Alessandro Magno e Dario III si scontrarono e lì si fermarono” e questo si riconosce nelle Babeliche etnie del popolo Afghano, dove si intrecciano nei tratti fenotipici est e ovest.
Nello scrivere Est e Ovest sorge spontanea la domanda:

– Ma Est e Ovest di cosa?
La risposta che sorge altrettanto spontanea è l’est e l’ovest dell’Eurasia…si dell’Eurasia, perché quello che abbiamo accettato come definizione di Continente è Eurasia, e non Europa e Asia. Eppur abbiamo portato avanti per secoli una divisione artificiale, probabilmente che è anche espressione dell’espressione geopolitica Europea, quella proprio divisoria; come il celeberrimo trattato di Sykes Picot prima nel 1916 e la Linea Durand dopo (o Linea Zero) che creò una sorta di Stato Cuscinetto nel conflitto geopolitico Britannico-Sovietico dell’epoca. Beh, non serve un filologo per comprendere che sia il Trattato che la Linea non portano nomi Afghani…e le conseguenze di tali decisioni si vivono tuttora non solo in Afghanistan ma anche in Siria, Pakistan, Iraq e più largamente nelle zone toccate da tali decisioni arbitrarie di timbro Europeo.

Ad introdurre la Mostra nata dalla necessità di non lasciar cadere nel dimenticatoio la situazione attuale Afgana, sono state la portavoce delle donne DEM Francesca Ciappina e Rossella Dimaggio, assessora del Comune di Varese. Sono intervenuti nel dibattito diverse personalità Afghane e non, che hanno portano il loro pensiero e testimonianza:

Jamileh Amini, interprete e mediatrice interculturale (SOS Ticino) e interprete presso la Protezione Giuridica di Chiasso. Lavora come operatrice sociale presso in Centri di Accoglienza della Croce Rossa Ticino, studente della Supsi in Cooperazione sviluppo. Nel 2021 ha fondato l’Associazione Comunità Afghana in Ticino che ha tra gli obiettivi quello di aiutare le famiglie costrette a vivere in Afghanistan in condizioni estremamente precarie. L’Associazione è particolarmente attiva nella difesa dei diritti del popolo afghano e nel portare aiuti umanitari.

Avendo vissuto in prima persona l’ultimo decennio di cambiamento nello Stato Afghano, ha raccontato con un evidente coinvolgimento emotivo anche il viaggio, che spesso dura tre anni, attraversando culture e confini dove spesso i migranti diventando un arma usata dagli Stati come mezzo di ricatto di instabilità geopolitica ed economica gli uni con gli altri.

Ilaha Mezaary, nata a Mazar i Sharif, è arrivata in Italia all’età di 11 anni. È attualmente studentessa della Facoltà di Giurisprudenza a Milano, mediatrice linguistica e culturale e presidentessa dell’associazione culturale afghana di Varese. L’associazione porta avanti molti progetti di solidarietà collaborando con altre realtà del territorio, in particolare ha organizzato diverse cene di tradizione afghana nel corso delle quali sono stati raccolti fondi e inviati in Afghanistan. Entrambe le presidentesse hanno portato la testimonianza di un aiuto concreto alla popolazione afghana che è stato accolto con interesse partecipativo da parte dei presenti.

Farhad Bitani, nato a Kabul , è uno scrittore italiano di origine afghane, fondatore del Gaf – Global Afghan Forum, organizzazione no profit volta a creare progetti di formazione e crescita sociale in Afghanistan. Ex capitano dell’esercito afghano durante la missione ISAF, nel 2012 ha deciso di abbandonare le armi per dedicarsi al dialogo interculturale e interreligioso in Italia, dove oggi vive e lavora. Nel 2011 ha subito un attentato da parte dei talebani a Kabul ed è rimasto gravemente ferito. Sopravvissuto miracolosamente all’accaduto, ha deciso di lasciare la carriera militare e il suo paese e ha cambiato la sua vita. Da questo periodo di riflessione sono nati gli appunti e i racconti che sono diventati poi il libro l’Ultimo Lenzuolo Bianco (2014), successivamente adattato per il teatro da Roberta Colombo, e portato davanti al publico con successo in molte scene. Nel 2021 è uscito il suo secondo libro ADDIO KABUL, scritto assieme al giornalista Domenico Quirico, ed. Neri Pozza.

Helin Yildiz, consigliera del Comune di Varese ha parlato dei diritti e della libertà delle donne di tuto il mondo tramite l’esempio delle Donne Curde del Rojava e non solo, contro il DAESH. Il Rojava è nato nel 2011 dopo l’inizio della guerra civile siriana, quando le truppe dell’esercito governativo del presidente Assad, hanno abbandonato le regioni di Kobane, Afrin, e Jazzera e sono state sostituite dalle milizie di difesa messe in piedi dal popolo stesso composte in prevalenza da combattenti curdi ma in cui militarono anche altre etnie che vivono nella regione. Queste regioni confluirono a costituire il Rojava. Nel 2013 e 2014 il Rojava è stato attaccato dai miliziani dello Stato Islamico ISIS, o DAESH come viene chiamato dagli abitanti delle regioni in questione di Siria ed Iraq. La resistenza delle milizie del Rojava ha portato alla prima sconfitta dell’ISIS nella città di Kobane e successivamente all’ annientamento dello Stato Islamico.

Il dialogo è stato mediato dalla Dr.ssa Emanuela Dyrmishi che ha alle spalle molti anni di esperienza in Psichiatria e psicoterapia con focus in migrazione e ricerca clinica, come referente per la migrazione in Ticino in Psichiatria, non solo in ambito clinico ma anche medico legale pertinente. Durante il suo lavoro, ha potuto “toccare” personalmente la storia, cultura e la gente Afghana nelle sue moltiplici sfaccettature etniche e culturali; gli uomini, le donne, i bambini e tanto altro, i talebani e l’orrore dei Bacha Bazi o Bacha bi-reesh una forma di Schiavitù e Violenza sessuale sui bambini che si è molto diffusa già dalla prima ascesa talebana.

Continua il suo lavoro come docente e consulente di ” Prevenzione Risoluzione Conflitti” in ambiti internazionali intrecciando intercultura, psiche e geopolitica. La conoscenza grazie al proprio lavoro di persone provenienti da quasi tutti i continenti, e conseguentemente del funzionamento degli Stati di provenienza l’ha spinta alle successive specializzazioni in Relazioni Transculturali, poi Analista di Rischio Economico Geopolitica e Intelligence con focus in Migrazione e Terrorismo e infine come Specialista di Politiche Economiche e di Sviluppo dell’UE ( compreso politiche migratorie, inclusività , parità di genere). Sempre in ambito internazionale, Specializzata in Cybersecurity, è Consulente per lo sviluppo della Cybersecurity nei paesi in via di sviluppo.

Cenni sull’Afghanistan

La repubblica Islamica dell’Afganistan è una repubblica presidenziale di circa 40 milioni di abitanti di cui circa 4 milioni popolano la capitale Kabul. Dall’ultima stima del 2008 le maggiori etnie che compongono la popolazione sono così suddivise: Pashtun 42%; Tagichi 27%; Hazara 9% , Uzbechi 9%, Aimak 4%, Turkmeni 3% , Beluci 2 %, i nomadi kuchi, nel 1979 erano circa 1,5 milioni. Secondo queste stime, la maggioranza degli abitanti nel nordest è costituita da tagichi nel centro nord , hazara e uzbechi, nel sud e nell’est da pashtun.

I conflitti che si succedono dagli anni 1970 hanno spesso acuito i contrasti tra comunità, complicati anche dall’arbitraria divisione confinaria decisa dai Britannici nel 1893 con il tracciamento della Linea Durand, che tuttora demarca i 2.640 chilometri di confine tra Afghanistan e Pakistan. Il successivo trattato di Sykes Picot del 1916 unì e divise ulteriormente acuendo la conflittualità, in quei confini che con naturalezza le vicinanze storico culturali avevano portato ad esistere.

L’indipendenza effettiva dal Regno Unito arriva nel1919: sotto la guida di Amanullah Khan che porta avanti le politiche di progresso socio economico industriale nel paese. Nel 1978 viene proclamata la Repubblica Afgana di ispirazione Marxista-Leninista ma tra gli anni 1979-89 arriva la guerra Sovieto-Afgana che si spegne solo agli albori della Guerra del Golfo.

Durante gli anni del conflitto Sovieto- Afgano le ricerche sovietiche hanno portato alla luce le ricchezze del suolo afgano. Nel 2001 gli Stati Uniti invadono il paese e tecnici statunitensi hanno approfondito le ricerche sovietiche, in più di 2/3 del territorio afgano.
Il Paese è ricco di ferro e rame, con riserve di rilevanza assoluta di niobio e litio, i giacimenti di argento invece sono presenti nei pressi di Kabul. L’Afganistan potrebbe quindi diventare molto rilevante a livello mondiale per tali materiali, materie prime che scarseggiano e che hanno spinto la ricerca negli ultimi decenni verso l’Artico. Nel 2020 arriviamo all’Accordo di Doha che anticipa a livello politico l’ ascesa dei Talebani nel agosto 2021.

Dr.ssa med. Emanuela Dyrmishi
Psichiatria e Psicoterapia
Spec. Psicofarmacologia
Spec. Relazioni Transculturali
Analista in Rischio Economico Geopolitica e Intelligence
Form. Terrorismo e conflitti ibridi
Spec. Progettazione Europea e Internazionalizzazione
Spec. Cybersecurity managing risk

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