“Malavita” e “Malamusica”: il mal Cantico del Sud

Con questo titolo dato alla tesi di Laurea, ho voluto prendere in considerazione il rapporto tra il “Fenomeno neomelodico e la Criminalità organizzata”, ossia il rapporto con Camorra, Mafia e ‘Ndrangheta, per porre l’attenzione su indagini, collegamenti e correlazioni, e per giungere infine al “malaffare” ossia i traffici illeciti e l’economia sommersa che ruota attorno.
Ho rappresento questo rapporto come un percorso figurativo che attraversa tre regioni: la Campania, la Sicilia e la Calabria, accomunate da bellezze naturali e paesaggistiche, un vero paradiso terrestre, contaminato però da diavoli con le sembianze di angeli, che tali vogliono apparire con il loro canto, il canto delle sirene.
Un canto delle sirene che spettacolarizza il mondo criminale divenuto uno stile di vita, basti pensare al matrimonio tra Tony Colombo e Tina Rispoli, e le successive ospitate da Barbara D’Urso su Canale 5.
Per lo storico Marcello Ravveduto «la spettacolarizzazione della Camorra è diventata un brand patinato in cui il benessere derivante dal narcotraffico si trasforma in una moda trendy da seguire attraverso l’ostentazione del lusso, lo storytelling narcisistico del selfie e gli hashtag mafia, narcos, cartel e così via».

Neomelodico e Camorra
La Commissione Parlamentare Antimafia nel 2000, nella Relazione sullo stato della criminalità organizzata in Campania menziona i rapporti tra neomelodici e malavita organizzata lasciando intendere che i rapporti sono congeniti e profondi e che il fenomeno ruota attorno all’asse-camorra, definendo il neomelodico mediocre come un Pit bull da combattimento nelle mani della camorra.
Peraltro aggiunge che molti cantanti sono vittime dell’usura e della droga, e il vizio che li rende schiavi costringe molti di essi a prestazioni incessanti per far fronte ai debiti ed all’uso di stupefacenti.
Che la droga sia dunque uno dei principali canali di connessione tra musica neomelodica e camorra, è scontato, ma va anche rilevato, come afferma nel 2012 Amato Lamberti, il giro d’affari che ruota attorno al mercato neomelodico, stimato dagli esperti non meno di 200 milioni di euro annui, rigorosamente in nero, «e che aggiornando debitamente le cifre, oggi potrebbe essere lievitato
cinque volte tanto» .

Neomelodico e Mafia
Il percorso poi raggiunge la Sicilia per una questione di affiliazione linguistica che lega cantanti napoletani e siciliani; questi ultimi cantano tutti rigorosamente in napoletano. Il motivo di questa affiliazione va ricercata nel percorso fatto dai due mondi criminali, Cosa Nostra
e Camorra, percorso che ha dato luogo a inevitabili contaminazioni, conseguenza di alcune vicende, che hanno accomunato i quartieri periferici delle due grandi città del Sud .
E difatti nei quartieri di Palermo, dove più si canta in napoletano, risiedono tante famiglie che nel passato hanno avuto a che fare con il contrabbando di tabacchi e con altri traffici illeciti che li legava a doppio filo alle tante famiglie residenti nei quartieri popolari di Napoli, e questa condivisione dei traffici illeciti è divenuta anche affiliazione linguistica di quella musica che racconta le gesta dei malavitosi, il carcere, i latitanti, i pentiti e quanto altro. Il collaboratore di giustizia Sebastiano Arnone, appartenente alla famiglia mafiosa di Partanna
Mondello, il data 17 Giugno 2011 racconta ai magistrati della DDA di Palermo che le feste di piazza, dove intervengono cantanti napoletani, vengono gestite da Cosa Nostra; il capofamiglia decide dove il cantante andrà ad esibirsi, quale sarà il guadagno ed infine le modalità di pagamento.

Neomelodico e ‘Ndrangheta
Infine il percorso termina in Calabria, dove la ‘ndrangheta, divenuta fenomeno transnazionale per le sue capacità di espansione e colonizzazione sociale, economica e politica, è riuscita a veicolare all’estero e in primis in Germania, il messaggio tranquillizzante che i canti di ‘ndrangheta sono retaggio di una cultura popolare e folcloristica, di un passato che rischia di scomparire, e che quindi
la ‘Ndrangheta è una cultura tradizionale che appartiene solo alla Calabria, ovvero una cultura tipica che non può attecchire da nessun’altra parte.
Una vera e propria operazione mediatica per normalizzare l’illegalità e per integrarsi nel tessuto sociale, economico e culturale senza nulla dare a vedere, tutto alla luce del sole.
Al di là degli intendi della ‘ndrangheta, gli intendi apologetici dei canti sono palesi, tant’è vero vero che nella canzone “Ammazzaru lu generali”, con riferimento all’omicidio del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, il testo della canzone termina con la strofa che esplicitamente esalta l’onnipotenza della mafia: “La mafia comanda sempre e solo lei può andare avanti”.

Conclusioni
La critica che spesso viene rivolta ai cantanti di “malamusica” è quella di intonare versi contro le forze dell’ordine e i collaboratori di giustizia, e di veicolare messaggi criminali tra i più giovani con il chiaro intento di fare proselitismo mafioso. Ad oggi però, il reato di apologia manca per la mafia, e proprio dall’esigenza di fermare questi messaggi, nel 2021 è stata presentata una proposta di legge
con cui viene richiesta la modifica dell’Art. 414 del codice penale per prevedere l’aggravvante dell’istigazione o dell’apologia della Mafia; disegno di legge di cui ancora non è iniziato l’esame.
L’ultima considerazione tiene conto del fatto che sebbene la “malamusica” sia un sottogenere del genere neomelodico, ne rappresenta comunque il fenomeno più appariscente in termini sociali e culturali, pertanto, come ammonisce Roberto Saviano: «Guardarli e ascolarli significa guardare e ascoltare il proprio paese. E per quanto possa sconvolgerci non possiamo più ignorarlo».
E quindi non possono essere ignorate le responsabilità di un modello educativo che coinvolge, direttamente e/o indirettamente, la famiglia, la scuola e lo Stato: in Italia quasi il 28% della popolazione tra i 16 e i 65 anni è analfabeta funzionale.
Se migliaia di giovani sono i consumatori di un simile mercato musicale, sub culturale, tanto sta a significare che qualcosa non ha funzionato e non funziona nel sistema scolastico nonché educativo familiare, in mancanza peraltro di politiche sociali che dovrebbero essere rivolte verso i più giovani.
Non ignorare significa osservare questa sub cultura non solo con l’occhio del giudizio ma anche con lo sguardo educativo teso a conoscere per poter debellare quei virus che si annidano nei testi e nelle note della musica, potente espressione del pensiero che però può anche veicolare modelli diseducativi per la formazione dei più giovani.

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