AFGHANISTAN: TRATTARE CON I TALEBANI MODERATI COME SHER MOHAMMAD ABBAS STANIKZAI UNICA SPERANZA PER IL PAESE. ZELENSKY A SANREMO? PURA PROPAGANDA, STESSA COSA ACCADDE CON KARZAI NEGLI USA.

Intervista a Farhad Bitani

In Afghanistan l’inverno è arrivato o, forse, non se n’è mai andato. Nel paese si sta assistendo ad una delle crisi umanitarie più difficili degli ultimi anni. Non solo povertà estrema, denutrizione, diritti negati, ma anche un’ondata di gelo a -36 gradi che sta mettendo in ginocchio la popolazione.Sui giornali qualche spot in riferimento alla chiusura delle università, ai manichini con le teste mozzate nelle vetrine, alle donne che non possono più lavorare nelle Ong. Eppure sembra esserci di più. Nelle scorse settimane Amina Mohammed, vice Segretario Generale dell’ONU, ha incontrato i principali governatori delle province afghane ottenendo qualche “strappo alla regola” rispetto alle nuove leggi. Che una donna abbia affrontato a quattr’occhi i talebani è già una notizia, eppure l’attenzione dei media sembra focalizzata su altro, districandosi maldestramente tra una fake news e l’altra. Ma cosa sta accadendo davvero in Afghanistan sul fronte dei diritti e degli aiuti umanitari?

L’abbiamo chiesto a Farhad Bitani, scrittore, ex capitano dell’esercito afghano e fondatore di Gaf Global Afghan Forum.

In Afghanistan stiamo assistendo ad una situazione di emergenza umanitaria su più fronti: un inverno gelido, con temperature fino a -36 gradi, che non fa altro che peggiorare la fame e la crisi economica del paese. Gli aiuti delle ONG pare siano messi in difficoltà anche dal recente divieto delle donne di lavorare. Quanto incidono le decisioni dei Talebani in questa crisi?

“L’Afghanistan sta affrontando una delle peggiori crisi umanitarie di sempre, ma non possiamo addossare tutta la colpa ai talebani. La verità è che anche l’Occidente ha le sue colpe. Le donne non hanno diritti, è vero, ma in realtà non li hanno mai avuti realmente. Nel profondo, all’interno delle case, fuori dalle sedi istituzionali di Herat e Kabul, lontano dai riflettori, le donne vivevano una realtà molto simile a quella odierna. Sicuramente il divieto di lavorare ha privato le Ong di forza lavoro, ma è anche vero che l’impegno umanitario verso l’Afghanistan, soprattutto dopo lo scoppio della guerra in Ucraina e l’uscita degli americani, è già drasticamente cambiato di per sé. Quando si minaccia di ritirare gli aiuti umanitari dall’Afghanistan, pensando che questo ricatto possa in qualche modo scuotere l’animo dei talebani, si va completamente fuori strada. E anzi, si fa solo il male della popolazione. Perché i talebani sono pieni di soldi e possono arrangiarsi anche a -36 gradi. Se i governi occidentali avessero davvero a cuore la situazione in Afghanistan farebbero quello che da mesi tutti gli afghani emigrati, comprese le stesse attiviste afghane, hanno suggerito: mettersi davvero a contrattare con la parte più moderata dei talebani e trovare delle soluzioni. Cosa che ha fatto pochi giorni fa anche Amina Mohammed, vice Segretario Generale dell’ONU, sedendosi assieme ai principali governatori talebani. Di fatto, pochi ne parlano, ma grazie a questi incontri è stata fatta un’eccezione per le donne che lavorano nella sanità e nell’istruzione primaria, permettendo loro di riprendere le proprie attività lavorative. Ma come al solito l’Afghanistan è vittima di un sempre più fazioso e corrotto sistema di informazione; e i media raccontano un po’ quello che vogliono.”

E’ di pochi giorni fa anche la notizia, subito ritirata, dei presunti pagamenti elargiti dal Qatar al governo afghano per arrendersi ai talebani. Era una fake news?

“Assolutamente sì. E la cosa ha creato anche diversi problemi a persone dell’ex governo afghano.”

Ha citato Amina Mohammed, vice Segretario Generale dell’ONU, che è appena tornata da un viaggio di due settimane in Afghanistan dove ha incontrato i governanti talebani di varie province. L’incontro aveva lo scopo di instaurare un dialogo con la parte più moderata, al fine di aiutare le donne a recuperare i diritti fondamentali. Cosa ne pensa della posizione di Amina Mohammed? Anche lei ritiene sia necessario non smettere di dialogare?

“Il dialogo è importantissimo e resta l’unica strada percorribile. Aprire trattative con l’oro è l’unico modo per aiutare davvero le donne a riprendersi i diritti e la situazione umanitaria a migliorare. I talebani sono appoggiati da grand parte del paese, e da molti stati importanti, come la Cina, dunque è impensabile ricattarli o cambiare la situazione con la forza. Le donne afghane in occidente dovrebbero rappresentare il proprio paese e avere un ruolo attivo nelle trattative, proprio come sta facendo Amina Mohammed. Che una donna abbia parlato ad una stanza piena di uomini (talebani) costretti ad ascoltarla è già un passo enorme.”

Il riconoscimento dei talebani come leva per contrattare sui diritti è un altro aspetto sottolineato da Amina Mohammed. Cosa ne pensa?

“Sono assolutamente d’accordo. I talebani vogliono essere riconosciuti dal mondo. E questo è un punto fondamentale per contrattare. Che piaccia o no, ormai i talebani governano il paese e hanno il supporto della maggior parte della popolazione. Riconoscendoli e allacciando rapporti con gli esponenti del governo occidentale si potrebbe aiutare concretamente la popolazione.”

La prima parola del Corano rivelata al Profeta Maometto è stata ‘leggere’. Senza contare che la prima moglie del Profeta era una donna d’affari. Sembra che la posizione del governo talebano nei confronti dell’istruzione delle donne e del lavoro non abbia molto a che fare con il vero Islam.  E’ così?

“Il Corano si apre con la parola “Ekra” che significa “leggi”.  Per la religione dell’Islam l’istruzione e la libertà della donna sono fondamentali. Infatti il problema non è la religione, ma il potere. Dove c’è criminalità è perché non c’è istruzione, e dove non c’è istruzione è più facile mantenere il controllo sulle persone. Manipolarle. Lascia la gente ignorante e crederà a tutto ciò che gli racconterai! I talebani affermano pubblicamente di vietare l’istruzione alle donne per proteggerle, ma il motivo è legato più che altro al potere. Inoltre non tutti i talebani la pensano allo stesso modo. E’ importante sottolineare che all’interno del governo talebano ci sono molte fratture. Lo stesso Sher Mohammad Abbas Stanikzai, attuale Ministro degli Affari Esteri, si è opposto perché vorrebbe che le sue figlie proseguissero gli studi. E’ necessario quindi dialogare con quest’ala più moderata dei talebani e aprire partnership per le borse di studio, far si che le ragazze possano accedere alle scuole anche in Europa, ma non di nascosto, in comune accordo con il governo talebano. E per far questo bisogna riconoscerli. In Iran stiamo assistendo ad una grande rivoluzione, a forti proteste, soprattutto ad opera delle donne e dei giovani. Nonostante l’Iran sia un paese fortemente fondamentalista, questo è possibile grazie all’istruzione: i nuovi giovani iraniani lottano perché hanno avuto accesso alla conoscenza, hanno scoperto che esiste la libertà di scelta e di vita, e non hanno intenzione di tornare indietro.”

E’ importante che paesi musulmani come Turchia o Arabia Saudita facciano pressione al governo talebano sulla questione della libertà d’istruzione? Che il mondo musulmano sia unito su questo fronte potrebbe fare la differenza?

“A mio parere è impossibile che il mondo musulmano possa unirsi. I paesi musulmani tra di loro sono troppo diversi e, soprattutto, hanno interessi diversi. Gli wahabiti, ad esempio, come l’Arabia Saudita, non aiuteranno mai un paese come l’Afghanistan: troppi interessi ed equilibri da tenere con paesi come gli USA.”

Ad agosto 2021 l’Afghanistan era tornato sulle prime pagine. I tg e i programmi televisivi facevano a gara per avere gli afghani ospiti in tv. Eppure oggi, nonostante la crisi umanitaria stia toccando davvero il fondo, sembra che la questione afghana sia ripiombata nel dimenticatoio. Forse una sconfitta che l’occidente vuole solo lasciarsi alle spalle. Oggi sotto i riflettori c’è l’Ucraina, e molti parlano di un altro Afghanistan. Cosa ne pensa della decisione di ospitare in diretta tv il presidente Zelensky al Festival di Sanremo?

“E’ pura propaganda. La politica estera dell’occidente, purtroppo, ha sempre degli interessi. Non si fa mai niente per niente. Mi ricordo ancora la prima volta che Karzai andò in America: le sale istituzionali si alzavano in piedi applaudendo, era l’ospite d’onore. Era l’uomo dell’anno, un po’ come Zelensky adesso. Io credo che in un momento come questo, con un clima ancora caldissimo e la guerra in essere tra Russia e Ucraina, ospitare ad un festival come Sanremo il presidente di uno dei due paesi in conflitto sia totalmente fuori luogo. E’ una chiara strumentalizzazione, un copia incolla del modus operandi degli americani con il videomessaggio in diretta ai Golden Globes. L’ennesimo esempio della deriva dell’informazione della maggior parte dei media occidentali, la spettacolarizzazione di questioni importanti come la guerra e i morti. Ma io credo che l’interesse ad ospitare Zelelnsky vada al di là di un sostegno simbolico. Ci sono interessi più pragmatici. E’ banalizzare una tematica delicata come la guerra, è renderla show, partita di calcio, con il pubblico che tifa per quello piuttosto che per quell’altro… Ma con la guerra, le armi, e i giovani che muoiono non ci sono vincitori. Perdiamo tutti.”

di Roberta Colombo

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